A meno di sei mesi dalla conferenza di Parigi sul clima (COP21), il governo ha indetto gli “Stati generali sui cambiamenti climatici e la difesa del territorio in Italia”. L’iniziativa, che ha avuto luogo il 22 giugno u.s., ha costituito un occasione di confronto pubblico sul tema. Organizzato da Italiasicura (la campagna di comunicazione governativa contro il dissesto idrogeologico) e dal Ministero dell’Ambiente, l’evento ha visto la partecipazione di numerosi esponenti del governo. Nella mattinata ospite d’eccezione è stato il Ministro dell’Ecologia francese, Ségolène Royal, che ha ricordato l’importanza dell’appuntamento di Parigi, considerandolo «una responsabilità storica per la Francia», specie in vista della firma del tanto atteso accordo globale sul clima. Il Ministro francese ha inoltre sottolineato come la questione climatica possa avere ripercussioni sulla sicurezza mondiale per via delle guerre a cui può portare, per il controllo delle risorse idriche, per l’incremento dei profughi ambientali e per le catastrofi che possono essere causate degli eventi climatici estremi. Proprio sul tema degli eventi estremi, Antonio Navarra, presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, ha ricordato come il mediterraneo, quale zona di confine tra due aree climatiche, sia particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e come sia probabile, in alcune zone d’Italia, che il clima possa avvicinarsi sempre più a quello del Nord Africa, caratterizzato, cioè, da minori piogge, maggiore scarsità idrica e da notevoli difficoltà per l’agricoltura. Tutti gli esperti intervenuti , inoltre, hanno concordato sul fatto che, in termini di riscaldamento globale, oggi non si tratti più di un problema che interesserà solo le prossime generazioni, ma di un fenomeno già in atto. L’impatto dei mutamenti del clima sul nostro Paese, infatti, è ormai più che evidente. In Italia gli eventi meteorologici estremi (soprattutto alluvioni) sono in continua crescita, tanto che, dal dopoguerra ad oggi, si è passati da una media annua di poche decine di eventi ad oltre 400 eventi registrati nel 2014, anno che, tra l’altro, per queste cause, ha fatto registrare ben 33 morti, 10 mila sfollati e 4 miliardi di danni. Tutti d’accordo anche sul fatto che, in generale, l’approccio al cambiamento climatico, per risultare efficace, deve essere interdisciplinare. Un concetto che sembra sia stato fatto proprio dal governo, vista anche la presenza all’evento di numerosi esponenti tra cui il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture, Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione, Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai Beni Culturali, Andrea Olivero, vice ministro all’Agricoltura e Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo Economico. Da tutti, infatti, è stato sottolineata la disponibilità e l’interesse, nei rispettivi ambiti di intervento, nell’affrontare il tema del clima promuovendo i valori della sostenibilità e in un ottica di sviluppo della green economy. Anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervenuto nel dibattito, oltre a lodare l’Enciclica sull’Ambiente di Papa Francesco, ha sottolineato la centralità e la trasversalità del clima nell’ambito delle politiche nazionali, non rinunciando, però, a definire il nostro come un periodo di transizione e così facendo ha, di fatto, difeso le scelte del governo (vedi alcune previsioni contenute nel decreto “sblocca Italia”) circa un ancora non completo abbandono delle fonti fossili. Più ampia è stata la disamina dei contenuti dell’Enciclica “Laudato si” da parte del cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha ripercorso i passi dell’Enciclica papale sulla promozione di un’ecologia integrale, capace di contrapporsi alla cultura dell’individualismo e dello scarto, con il riconoscimento del valore intimo di ogni creatura.
Dopo una mattinata densa di interventi istituzionali e di autorevoli ospiti internazionali, il pomeriggio è stato dedicato agli interventi degli stakeholders. Oltre a numerose associazioni ambientaliste e rappresentanze del mondo civile, sindacale ed industriale, anche l’agricoltura ha avuto modo di contribuire ai lavori attraverso l’intervento del Presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo, che ha sottolineato l’importanza del ruolo del settore agricolo nell’ambito delle strategie di adattamento e di mitigazione climatica.
Come anche riportato nel documento che Coldiretti ha consegnato in termini di contributo all’evento (a cui si rimanda per una lettura più esaustiva) infatti, il settore agricolo è particolarmente vulnerabile agli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Questa vulnerabilità, insieme alle potenzialità positive in termini di mitigazione (produzione di fonti energetiche rinnovabili e sequestro del carbonio nel suolo e nelle piante) e di adattamento (contributo alla lotta al dissesto idrogeologico), conferisce al settore una centralità nell’ambito delle strategie climatiche. Da sempre, infatti, l’efficienza del modello di produzione agricola risulta fortemente legata agli elementi caratterizzanti il luogo di produzione, tra i quali il clima. Oggi, questa efficienza è sotto la minaccia degli effetti negativi dei cambiamenti climatici, che, rispetto al passato, si stanno diffondendo con una rapidità non compatibile con i ritmi naturali di adeguamento degli ecosistemi e degli stessi sistemi economici come, appunto, quello agricolo. Gli effetti negativi dei cambiamenti climatici impattano sulle attività agricole in modo diretto, attraverso variazioni qualitative e quantitative delle produzioni, la comparsa di nuove malattie ed influenzando le colture con una alterazione degli stadi fenologici, del sistema fitopatologico e delle esigenze in termini irrigui e di lavorazioni. Altre conseguenze riguardano lo spostamento degli areali produttivi e la modifica di alcune vocazionalità d’area, con il rischio di vanificazione di ingenti investimenti da parte delle imprese agricole, che, specie nel nostro Paese, mirano ad una sempre maggiore identificazione delle produzioni agro-alimentari con il loro territorio di origine. Questo, forse, risulta essere il pericolo maggiore per un settore che, in virtù delle sue connotazioni storiche e territoriali, deve necessariamente puntare, strategicamente, ad una differenziazione, in termini di modello produttivo e di consumo, rispetto ad altri modelli di agricoltura, basati sull’omologazione e sull’industrializzazione.
Tuttavia, al fine di esaltare i contributi positivi, attuali e potenziali del settore agro-forestale nell’ambito delle strategie climatiche, il documento Coldiretti contiene anche una serie di proposte relativamente agli ambiti strategici specifici su cui si ritiene importante concentrare gli sforzi. Si tratta di:
– promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, privilegiando l’impiego di biomasse residuali ed assicurando la completa coerenza con gli obiettivi di tutela del territorio;
– rafforzare le misure di efficienza energetica, rendendole più accessibili alle PMI;
– riconoscere il ruolo del settore agro-forestale nel campo degli assorbimenti del carbonio attraverso la definizione di metodologie di contabilizzazione applicabili e la messa a punto di strumenti di internalizzazione economica dei servizi resi dalle imprese;
– assicurare il sostegno alla promozione di modelli di consumo caratterizzati dalla riduzione dei trasporti della materia prima (“chilometro zero”), alla diffusione della filiera corta (concetto legato alla diffusione del consumo dei prodotti stagionali e territoriali) e della vendita diretta;
– attuare opportune politiche di etichettatura per favorire l’identificazione delle produzioni alimentari con il territorio di provenienza, per un “made in Italy” alimentare in grado di porre il territorio al centro dello sviluppo;
– contrastare l’impiego di OGM sul territorio, a difesa delle produzioni convenzionali, biologiche, tipiche e di qualità;
– valorizzare il ruolo multifunzionale dell’impresa agricola, anche attraverso azioni in grado di restituire al territorio una centralità, sviluppando nuove attività e nuove forme di occupazione;
– promuovere l’introduzione o il mantenimento di pratiche agricole che contribuiscano a mitigare i cambiamenti climatici o che favoriscano l’adattamento e che siano compatibili con la tutela e con il miglioramento dell’ambiente, del paesaggio, delle risorse naturali, del suolo e della diversità genetica;
– garantire il giusto equilibrio, nell’assetto territoriale, tra le zone suscettibili di utilizzazione agricola – e, più in generale, libere da interventi di significativa antropizzazione – e quelle edificate ed edificabili, al fine di non pregiudicare la produzione agricola, la sicurezza alimentare e l’ambiente, comprese le condizioni generali di vita della popolazione. (Fonte Coldiretti)