Il “re delle siepi” avanza

Parlare del merlo potrebbe sembrare superfluo, perché tutti lo conoscono. Al “re delle siepi” manca il fascino dell’ignoto ma proprio tutti, almeno una volta, si sono fermati ad osservarlo mentre “razzola” nel centro della città. Per nulla preoccupato della moltitudine frettolosa, ha posto la sua dimora a stretto contatto con l’uomo e non può sfuggire il bell’esempio di adattamento positivo alla presenza umana al punto che, oggi, la sua abbondanza relativa è correlata positivamente alla superficie di giardini e parchi urbani. Certo è che questo migratore, un tempo tipico dei boschi collinari, ha esteso la sua presenza ad un’ampia varietà di ambienti, fino a comprendere persino brughiere, scogliere, zone umide… l’unico limite alla diffusione sembra fissato dal termine della vegetazione arborea con l’altitudine, anche se è maggiormente abbondante a quote comprese tra 250 e 1000 m s.l.m., con estesa copertura a latifoglie. Quanto all’areale, nidifica in tutta Europa ad esclusione delle estreme regioni settentrionali, forte di 33 – 71 milioni di coppie che ne fanno una specie considerata stabile, se non addirittura in leggero aumento. Di tutto rispetto anche la presenza nel nostro Paese dove si contano 2 – 5 milioni di coppie. Non solo abbondante, ma anche prolifico dal momento che ogni anno effettua regolarmente 2 – 3 covate di 3 – 5 uova ciascuna.

L’adattamento alla vita di città sembra quindi da inquadrare nella più generale tendenza colonizzatrice della specie verso varie tipologie di habitat. Sicuramente gli ambienti urbani assicurano un certo senso di sicurezza che li porta ad abbandonare la proverbiale diffidenza nei confronti dell’uomo, oltre alla possibilità di reperire abbondanti risorse alimentari. Se i giardini sono stati eletti ad indisturbata dimora, è lecito domandarsi se questi merli siano migratori o stanziali. A questo proposito sembra opportuno chiarire che, mentre le popolazioni del Centro e del Nord Europa sono principalmente migratrici, quelle che incontriamo spostandoci verso sud, mostrano una sempre maggiore tendenza alla sedentarietà.

Riguardo alla migrazione del merlo bisognerebbe pure dire che il passo non sembra definito in modo netto come per altre specie ma, piuttosto, mostra un carattere discontinuo con spostamenti normalmente notturni. In aggiunta i movimenti migratori veri e propri si confondono con erratismi conseguenti alle avverse condizioni climatiche o alla ricerca di cibo. Vero è che la migrazione del merlo non sembra esser stata studiata in maniera approfondita come nel caso di altri turdidi. Rispetto al tordo bottaccio i movimenti sono posticipati di circa 15 – 20 giorni e raggiungono la massima intensità tra il 20 ottobre e il 15 – 20 novembre. È così che, nell’inverno, ai nostrani si uniscono molti stranieri giunti da varie parti d’Europa, seguendo le ramificazioni orientali della via centro Europea e della via carpatico danubiana. I vecchi uccellatori volevano che la lunghezza delle ali, più lunghe ed appuntite in quelli d’oltralpe, fosse la chiave per l’identificazione. Se questa comparazione può essere di qualche complessità sicuramente è ben differente il comportamento dei nati in loco dai merli in migrazione; questi ultimi prediligono sostare su alberi d’alto fusto o comunque sulle cime, mostrandosi meno accorti e diffidenti, ma bastano pochi giorni perché anche i nuovi arrivati mettano in pratica le migliori strategie difensive… a meno che anche questi non decidano di trasferirsi in città.

Di regola il grosso dei merli ripassa entro febbraio, in anticipo rispetto ai bottacci, in modo da raggiungere i luoghi della nidificazione assai presto, rispondendo alla precoce entrata in amore. Subito i maschi scelgono luoghi idonei e, una volta formatasi la coppia, inizia la costruzione del nido utilizzando paglie ed erba cementata con fango, rivestendolo di crini, filamenti di lana e piume. Delle tre covate, la prima viene solitamente collocata vicinissima al suolo, in cataste di legname, siepi… la seconda e la terza sempre più in alto utilizzando un ramo attaccato al tronco. E tutto questo si ripete anche nelle nostre città, dove la minore preoccupazione per l’occultamento della costruzione consente inaspettate osservazioni. Le uova bianco verdastre, vengono covate quasi esclusivamente dalla femmina mentre il maschio canta nei pressi del nido. Dopo circa due settimane di cova nascono i pulcini, che per altrettanto tempo saranno alimentati principalmente con prede vive tra le quali lombrichi ed insetti. Poco più avanti abbandonano il nido e, non ancora completamente autosufficienti, per qualche giorno sono ancora imbeccati dai genitori.

Una scena questa che, sempre con maggior frequenza, è possibile osservare da vicino grazie a questi merli cittadini che, presi dalle cure dei loro merletti che chiedono cibo, riescono ad attirare l’attenzione dei presenti.

Carlo Romanelli

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