– Ingiustizie riparabili –
– In alcuni casi si può ricorrere contro il rifiuto del rinnovo e vincere, l’importante è dimostrare il non abuso delle armi –
Negli ultimi anni alcune sentenza hanno riacceso le speranze di quanti si sono visti rifiutare il rinnovo del porto d’armi per pendenze giudiziarie. Ci si può opporre e vincere come è accaduto nei casi che citiamo.
Un cacciatore presentava presso la propria Stazione dei Carabinieri la richiesta di rinnovo della licenza di porto fucile uso caccia, ma riceveva dalla Questura una comunicazione che vi erano dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza perché il richiedente “aveva avuto una condanna nel 1977, a pena detentiva e multa“.
Diligentemente, all’epoca, e decorsi gli anni necessari, l’interessato presentava ricorso per la riabilitazione ed otteneva sentenza nel novembre 1983 che, ai sensi dell’art. 178 C.P. cancella ogni effetto penale, e quindi da tale epoca ha sempre avuto il rinnovo del porto di fucile senza ostacoli. La recente richiesta di rinnovo veniva respinta perché il richiedente non aveva “i prescritti requisiti soggettivi di affidabilità richiesti dalla Legge“.
Veniva proposta opposizione al provvedimento di diniego del rinnovo della licenza emesso dalla Questura, con deposito di memoria documentata da dottrina e giurisprudenza e la diatriba è stata risolta con molto buon senso da parte dell’autorità preposta.
L’art. 43 del Tulps riconosce alla Pubblica amministrazione un potere ampiamente discrezionale nella valutazione dei presupposti e dei requisiti necessari per il rilascio della licenza di porto di fucile per caccia. Occorre, però, ricordare che detta discrezionalità ha dei limiti che abbiamo sottolineato all’Autorità preposta.
Nel caso in esame, il diniego è stato pronunziato in riferimento ad una condanna risalente al 1977 e riabilitata nel 1983; e nel mentre, nell’arco temporale di ben 25 anni, non ha mai assunto atteggiamenti aggressivi avendo ottenuto il rinnovo della licenza di caccia dal 1983 ad oggi, e quindi il richiedente ha dato prova di affidabilità.
Riteniamo che, il diniego iniziale del rinnovo del porto di fucile, non fosse giustificabile e la riabilitazione ottenuta nel 1983 rappresenta la conferma della “non pericolosità sociale del ricorrente” e perché. Si riportavano nel ricorso delle sentenze che hanno statuito, in fattispecie similari che “la riabilitazione infatti non funge da limite esterno al potere discrezionale dell’Amministrazione, bensì da limite interno per cui, una volta intervenuta a seguito di un giudizio circa la provata buona condotta, il potere di valutazione dell’amministrazione procedente è circoscritto. In sostanza, l’amministrazione deve procedere alla verifica dell’attuale permanenza della situazione accertata in passato sull’affidabilità del soggetto. Cons. Stato sentenza n. 986/07“.
L’autorità competente è tenuta ad accertare, nell’interesse collettivo, e per la pubblica incolumità, ed anche ai fini di un giudizio prognostico del soggetto richiedente, anche singoli episodi sintomatici di inaffidabilità nell’uso delle armi, ma tali episodi devono comunque essere successivi a quelli per cui è intervenuta la riabilitazione. Vi è di più!
Il Tar di Bolzano, con la sentenza del 09/01/08, si è pronunciato in merito all’accertamento di guida in stato di ebbrezza sulla revoca del porto d’armi disponendo che: “un’occasionale guida in stato di ebbrezza non può essere idonea a fondare la revoca del porto d’armi“, da ciò si deduce che il giudizio deve riguardare specificamente il rischio connesso all’uso delle armi.
In senso conforme il Tar di Brescia ha affermato che, “il giudizio negativo sulla condotta deve essere comunque attinente al rischio di abuso di armi” in quanto “prevale l’interesse del ricorrente ad ottenere il rinnovo della licenza (Tar Brescia, 28 maggio 2004 n.593)“.
Infine il Tar Lombardia, Milano, Sez. III, con pronuncia del 19 maggio 2008 n. 1768, ha chiarito che: “il presupposto per il diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia non deve essere individuato in una condanna penale o nella pendenza di un giudizio penale, essendo sufficiente, a tali fini, che l’interessato dia un affidamento di non abusare delle armi“.
La Questura di Milano, polizia preposta, con molto buon senso in riferimento al caso specifico, e senza emozioni di parte, ha ritenuto di accogliere il ricorso ed autorizzare il rinnovo della licenza per uso caccia.
Francesco Molfese

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