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IL PRESIDENTE DI ARCI CACCIA: “LA BOZZA ORSI PEGGIORA LA 157/92”

IL PRESIDENTE DI ARCI CACCIA: “LA BOZZA ORSI PEGGIORA LA 157/92”

È stata una delle prime, se non la prima associazione a staccarsi dalla grande madre Federcaccia nel 1974: si tratta dell’Arci caccia, presieduta dal dirigente venatorio di lungo corso Osvaldo Veneziano. Discepolo del grande Carlo Fermariello, che sia da politico, sia da massimo responsabile dell’Associazione ha lasciato un ricordo indelebile nella storia di questo Paese e della caccia italiana, ha seguito in prima persona l’evoluzione della 157/92 dal debutto all’attuale discussione sulle possibili modifiche.

Presidente, grazie anche al web non c’è mai stato tanto dibattito attorno a una questione venatoria come quello che sta ora infiammando sia i siti venatori, sia la stampa di settore. Ne sta seguendo gli sviluppi? E che ruolo pensano possano avere blog come ladeadellacaccia.it e una casa editrice come la Greentime?

Mi si consenta in premessa un chiarimento. La sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità del testo unico sulla caccia scritto durante il fascismo e che obbligava i cacciatori ad iscriversi alla Fidc è del 7 giugno 1962. Tra le associazioni venatorie che nacquero in quel periodo e grazie alla sentenza spostarono nelle loro file molti cacciatori, non c’è l’Arci Caccia. L’Arci Caccia ha la sua assemblea costitutiva molto dopo, nel 1969. È protagonista della riforma del 1977 n° 968 e poi anche con Rosini e Fermariello si arrivò alla conquista della 157/92 che pose fine ad una lunga stagione di tensioni tra cacciatori, (mobilità dei cacciatori verso regioni oltre che quella di residenza) e anche tra cacciatori e cittadini. Quelle tensioni determinarono referendum regionali e nazionali che misero in serie difficoltà i cacciatori e l’economia collegata.

Tornando alla domanda, blog anche come ladeadellacaccia.it, che consulto e mi sembra ben fatto, case editrici tra le quali Greentime, di cui leggo volentieri le pubblicazioni, e televisioni sono utili come lo è l’incremento di tutta la comunicazione sia interna, sia quella indirizzata alla società fatta dal mondo venatorio. Ci auguriamo che la comunicazione sia sempre più libera, autonoma, pluralista, e che si superino quegli atteggiamenti censori che oggi ancora la caratterizzano. La democrazia della comunicazione è compiuta quando assicura la possibilità di tutti ad esprimersi: sia nel mondo venatorio, sia chi la pensa diversamente e tra le associazioni e nella società. Solo allora la comunicazione non sarà minoritaria e subalterna. Quando questa possibilità non è data, allora la comunicazione diventa inutile propaganda.

Lei è ottimista sul varo delle modifiche alla 157/92?

Io sono realista. Dallo stato dell’arte dal percorso legislativo (siamo a prima dell’inizio) non si sa quale indirizzo potranno prendere le modifiche alla 157/92.

La qualità della prima bozza di proposta (già al lifting) è peggiorativa della legge attuale; per i cacciatori più costi, più licenze, più burocrazia. Gli Atc e i Ca dovrebbero diventare fondazioni di diritto privato. Sommando il tutto, a caccia così andranno solo i deputati, i senatori e altri benestanti.

Il dibattito, le alleanze e i contrasti sulle modifiche crede possano fornire lo stimolo giusto per arrivare all’unità del mondo venatorio?

L’unità esiste se frutto di coerenza, onestà intellettuale, consapevolezza delle forze, condivisione degli obiettivi. Di contro quando si vuole imbrogliare, si parla di unità senza citare mai i contenuti, si dice qualunquisticamente tutti, senza dire per fare cosa e chi vuole fare cosa. Questo lo si fa per utilizzare a fini strumentali e personali le associazioni, metterle al servizio di partiti. I risultati di una storia decennale testimoniano solo i costi di “onorevoli” tanto amici quanto falsi, perché le loro chiacchiere non hanno prodotto nulla, nulla, per i cacciatori prendendoli in giro in questo caso sì, tutti. Sono le promesse di Pulcinella che si fanno ben sapendo che il Parlamento europeo e quello italiano o i Consigli regionali non approveranno un bel niente perché non ci sono i numeri, le maggioranze. Vogliamo fare i nomi dei disonesti che hanno promesso mari e monti sui soldi alle Regioni, l’uso dell’acciaio nelle zone umide etc.?

Al tavolo degli stakeholder, del quale anche la sua associazione fa parte, siedono associazioni ambientaliste che non nascondono la loro contrarietà alla caccia. Perché non chiamare a quel tavolo anche quelle, come Ekoclub International, che considerano la caccia un’attività da praticare nel rispetto delle regole?

Le associazioni venatorie, agricole e ambientaliste al tavolo sono quelle “vere”, non partecipano gli animalisti e le associazioni venatorie che vivono per lo scontro. Al tavolo ci sono associazioni che non hanno collegamenti organizzativi ed economici, che non sono duplicati e fotocopie di alcunché . Ce ne sono molte in Italia di associazioni collaterali e strumentali. Per affermare la “caccia” oggi e nel futuro nella società non servono rappresentanze “fittizie” e, tanto meno è opportuno mimetizzarsi. La rappresentanza trasparente degli interessi dei cittadini è indispensabile per guardare alla società senza furbizie e per esprimere una cultura che sappia parlare lealmente ai giovani, ai cittadini del pianeta. Vale anche per la caccia.

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